Il muro è l’elemento che maggiormente caratterizza le costruzioni tradizionali del Sulcis pur presentandosi con un numero limitato di tessiture e materiali. I muri di terra cruda sono diffusi nei in particolare nei medaus e nei furriadroxius di pianura e sono costituiti da mattoni che, di norma, hanno le dimensioni di 40x20x10 cm, in rapporto geometrico che lega ciascuno dei lati ad essere il doppio del precedente1, anche se sono stati riscontrati medaus nel territorio di Santadi in cui si impiegano mattoni a sezione quadrata con dimensioni 17x17x35 cm. Questo fatto costituisce certamente un’anomalia nel panorama costruttivo tradizionale della Sardegna dove invece le dimensioni ricorrenti sono 10x20x40 cm. Le murature di terra cruda solitamente venivano erette su uno zoccolo di fondazione in pietrame la cui tessitura a “grana grossa” scongiurava i fenomeni di risalita capillare dannosi per le murature in genere, e per quelle in crudo in particolare. Intonacare le superfici murarie con malte di calce e terra opportunamente miscelate era prassi costruttiva diffusa allo scopo di salvaguardare il muro dal dilavamento; tuttavia non è insolito imbattersi in murature non intonacate ma ancora perfettamente conservate. Se il muro in terra cruda, pur con la variazioni cromatiche dovute alla differente natura delle terre impiegate (apprezzabile peraltro solo in assenza di intonaco), ha caratteristiche abbastanza omogenee in tutta l’area di diffusione, diversamente, il muro di pietra in relazione al tipo di lapideo e alla tecnica associata, presenta almeno due varianti principali legate all’uso del granito e dello scisto e, insieme ad esse le soluzioni miste in cui entrambi i lapidei vengono impiegati. La configurazione tipicamente adottata2 consiste nella costruzione simultanea di due paramenti in pietra paralleli, fra i quali viene interposta un’intercapedine colmata con terra, pietrame di piccola pezzatura e cocci di laterizio. La stabilità del muro, data l’inconsistenza del riempimento, dipende dagli elementi passanti (diatoni) che grazie alle notevoli dimensioni e alla disposizione di testa collegano direttamente i due paramenti conferendo loro un accettabile grado di solidarietà. Le murature più antiche, ma non di rado anche quelle edificate durante tutto l’ottocento e, in alcuni casi, agli inizi del novecento, erano a secco e l’unico sistema di allettamento fra i trovanti non lavorati o grossolanamente sbozzati era affidato all’impiego di terra. Per rendere più efficiente il contatto fra le superfici irregolari degli elementi lapidei, e per limitare il dilavamento della terra contenuta nel nucleo centrale, si faceva affidamento alla rinzeppatura ottenuta mediante l’inserimento di piccole scaglie di pietra o di laterizio negli interstizi fra i conci. A partire dalla seconda metà dell’ottocento si consolida, almeno relativamente agli edifici di particolare pregio, l’utilizzo dei leganti a base di calce che garantiscono una maggiore collaborazione fra i conci lapidei, un incremento nella coerenza del corpo murario e della sua monoliticità e, di conseguenza, delle capacità resistenti complessive. Le differenze che si riscontrano fra le murature delle vari ambiti insediativi sulcitani., più che alla tecnica costruttiva di base, sono da attribuirsi alla differente natura delle pietre impiegate e, anche se in minima parte nel territorio sulcitano, al più o meno raffinato livello di lavorazione. Questi aspetti, infatti, introducono alcune variazioni in merito alle dimensioni, alle tessiture e alle capacità statiche del corpo murario. La murature lapidee sono essenzialmente realizzate con trovanti di granito e scisto di differenti proporzioni e dimensioni, apparecchiati ad opera incerta o con corsi sub-orizzontali. In numerosi insediamenti dispersi del Sulcis si ricorre sia alla tecnica del muro misto in granito e scisto, che a quella della terra cruda e della pietra, avendo cura di impiegare le murature di adobe, più leggere e sensibili ai fenomeni di risalita di acqua capillare, per la realizzazione dei piani alti e delle murature interne, destinando quelle lapidee ai piani terra.
Pagina aggiornata il 23/02/2024